SERIE C - GIRONE B
DICIOTTESIMA GIORNATA
DOM. 8 DICEMBRE 2024
STADIO FELICE CHINETTI
SOLBIATE ARNO - VARESE
ORE 12:30

MILAN FUTURO

1

GUBBIO

0

DICIANNOVESIMA GIORN.
DOM. 15 DICEMBRE 2024
STADIO PIETRO BARBETTI
ORE 17:30

GUBBIO-SPAL

> Calendario completo: (vedi)

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CLASSIFICA
GIRONE B SERIE C
2024-2025

Pescara
Ternana (-2)
Entella
Torres
Vis Pesaro
Rimini
Arezzo
Campobasso
Pianese
Pineto
Ascoli
Carpi
Gubbio
Perugia
Spal (-3)
Lucchese
Pontedera
Milan Futuro
Sestri Levante
Legnago

39
39
37
32
32
27
26
24

24

23
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19
17

17
16
16
13

12

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Risultati Calcio...

DICIOTTESIMA GIORNATA
DOM. 8 DICEMBRE 2024

Ascoli
Sestri Levante

4
1

Carpi
Torres

1
2

Lucchese
Arezzo lunedi

-
-

Perugia
Campobasso 
lunedi

-
-

Pescara
Legnago

0
1

Pianese
Ternana

1
3

Rimini
Pontedera

5
1

Spal
Vis Pesaro

0
1

Virtus Entella
Pineto

4
1

Marcatori 2024-2025
Serie C - Girone B

Cicerelli Ternana
Corazza Ascoli
Cianci Ternana
Bruzzaniti Pineto

12
11
9
8

Vedi lo stadio Barbetti!

Marcatori Gubbio
2024-2025

D'Ursi
Tommasini
Rosaia
Corsinelli
Fossati
Rovaglia
Tozzuolo
Rocchi

2
2
2
2
2
1
1
1

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DICIANNOVESIMA GIORN.
DOM. 15 DICEMBRE 2024

Gubbio-Spal

Arezzo-Pianese

Campobasso-Pescara

Legnago-Ascoli

Pineto-Rimini

Pontedera-Perugia

Sestri Levante-Carpi

Ternana-V.Entella

Torres-Lucchese

Vis Pesaro-Milan Futuro

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30 APRILE 2020
Benedetti: "Servono tutele per giocare e adesso serve l'aiuto dello Stato. ". Rosso di... rabbia

Come tutti, rinchiusi in un bunker, i calciatori non toccano più il pallone, si allenano come possono, tra le mura domestiche. Un adattamento, forzato, che non piace a nessuno, che ridimensiona uno stato democratico, per colpa di un virus, tra l'altro importato. Il centrocampista Alessio Benedetti parla dal piccolo video (per il canale social ufficiale): "C'è tanta voglia di tornare a giocare, facciamo quello che possiamo, ma ci sono da rispettare dei protocolli. Ma chiaramente non dipende da noi. Da due stagioni sono a Gubbio. L'anno scorso è stata una stagione altalenante, però alla fine ci siamo salvati con merito. La serie C è un campionato sempre difficile, si gioca sempre sui dettagli. Mentre quest'anno non siamo partiti bene, un cammino un po' così così. Poi però ci siamo ripresi, abbiamo fatto un bel cammino. Soprattutto nel girone di ritorno stavamo dimostrando di competere anche con le squadre di vertice. Si è creato un gruppo coeso e solido. Eravamo sulla strada giusta. Purtroppo c'è stato questo stop, ma speriamo di riprendere. Altrimenti pensiamo al prossimo campionato e sperare anche nei playoff, chissà. Il compagno più forte con con il quale ho giocato? Ettore Marchi proprio con il Gubbio, Alessandro Sgrigna e Antonio Barreca ai tempi del Cittadella. Se si riparte? Non è facile per un club ottemperare a certi protocolli. Capisco anche che qualche presidente si possa trovare adesso in difficoltà con le proprie aziende. Secondo me deve intervenire lo Stato: ci sono tante componenti che vanno tutelate, compreso noi calciatori. Il calcio è industria, ruota l'economia di tante persone. Perciò vanno trovate soluzioni". Insomma, il Governo deve cominciare a fare le cose sul serio. D'altronde c'è chi non ha usato giri di parole. Rosso... di rabbia. Sembra un gioco di parole, ma non è così. Infatti il patron del Vicenza, primo nel girone del Gubbio, Renzo Rosso, imprenditore del marchio Diesel, nella trasmissione di Rete 4 condotta da Nicola Porro, è straripante: "Conte è un fenomeno da studiare, uno che riesce a farsi gli applausi dicendo che gli altri paesi lo ammirano: parla ma non è arrivato nulla, ma tra qualche mese ci sentiremo, e guardiamo cosa fanno gli altri che stanno riaprendo: anche noi dobbiamo farlo, è necessario. Non so dove vive, si vergognino. Dobbiamo aprire, altrimenti crolla l'economia, crolla il Paese. Io sono un imprenditore serio, ho delle aziende in tutto il mondo, voi non conoscete l'industria, la vostra sola industria è il cinematografo. Troppa gente che parla e nessuno che decide. Se riusciamo a mettere gente sana che guidi il governo non per il consenso, ma che porti avanti la filiera di tutte le aziende, non solo la mia, e che sappia finanziare le piccole aziende a fondo perduto e le altre con un sistema di credito".

29 APRILE 2020
Lutto nell'imprenditoria: addio a Giovanni Colaiacovo. Colacem, è main sponsor dal 1981

Fino all'ultima partita contro la Reggiana (del 23 febbraio scorso) era presente sugli spalti del Barbetti. Da sempre tifoso del Gubbio. Imprenditore, fondatore insieme ai fratelli (Pasquale, Franco e Carlo) della Colacem, il primo sponsor che è comparso sulle maglie da gioco del Gubbio (già a partire dal 1981), presente anche negli anni della scalata al calcio professionistico (promozione in serie C2 nel 1987). Tutt'oggi Colacem è il main sponsor della Gubbio Calcio, insieme alle cementerie Barbetti. Si è spento improvvisamente così all'età di 85 anni: Giovanni Colaiacovo era ricoverato da alcuni giorni all'ospedale di Branca, a seguito di un malore dal quale non si è più ripreso. Era presidente della Colacem Spa, una realtà industriale attiva nella produzione di cemento, azienda creata proprio dalla famiglia Colaiacovo a partire dal 1966. Una azienda che si è poi allargata in tutto il mondo, ma la sua direzione generale è ramificata a Gubbio. E come detto, la Colacem è stato un pezzo importante per il calcio eugubino come sponsor a livello storico in stagioni importanti, compreso l'anno dell'approdo in serie B della stagione 2010-2011. Il presidente Sauro Notari manda sentitamente un messaggio di condoglianze con un comunicato che recita così: «L'A.S. Gubbio 1910 in tutte le sue componenti nello stringersi alla famiglia in un ideale abbraccio, esprime il proprio cordoglio per la scomparsa di Giovanni Colaiacovo Presidente del Gruppo Colacem uno dei due sponsor principali della società rossoblù. Giovanni Colaiacovo non perdeva mai una gara casalinga della nostra squadra, dopo un affettuoso ed immancabile saluto al presidente Notari con il sorriso in volto era solito prendere posto in tribuna per assistere con entusiasmo e passione alla gara. Lascia un grande vuoto in tutti noi».

28 APRILE 2020
Giammarioli: "Con la crisi serviranno competenze. E quando mi svaligiarono l'automobile..."

A tutto campo con il direttore sportivo Stefano Giammarioli. Intervista secca e senza fronzoli. Prima domanda: il calcio riprenderà? "In serie C, molto difficile. Non ci sono le condizioni sanitarie. Ora la vita giornaliera non è ancora tranquilla. Parlare oggi di calcio e di attività agonistica è molto difficile". Un protocollo, inattuabile, giusto? "Assolutamente. Un protocollo molto serio, ne parlavo proprio con il patron Notari e il fatto essenziale è il seguente: nessun medico si vuole prendere delle responsabilità con una malattia che non ha un vaccino e li capisco". Appunto, Notari, con il presidente si è parlato già di futuro? "No. Mi sento spesso con il presidente, ma di calcio ne abbiamo parlato solo un minuto. Nessuno adesso può programmare un futuro. Parlare ora di queste cose è prematuro. Con Notari c'è una stretta di mano e una parola d'onore già da ottobre scorso. Abbiamo limato certe vedute e certi malintesi iniziali: c'è stato un chiarimento sotto molti aspetti". Perciò è tutto rimandato per lei e per un rinnovo con Torrente in tempi più tranquilli, giusto? "Ma è una questione di stile. Adesso serve solo rispetto per chi sta soffrendo. Ora serve solo silenzio". Se il campionato si fermasse così, qual è il suo parere? "Quando ero alla Cremonese a nove giornate dalla fine avevamo 10 punti di svantaggio con l'Alessandria, poi rimontammo e andammo in serie B. Perciò dico: tolto il Monza che ha ormai un margine consistente, Vicenza e Reggina sono seguite da squadre agguerrite come Reggiana o Carpi oppure come Bari o Monopoli. Se invece si dovesse stabilire che le prime tre classificate vadano su dirette, credo per la quarta promozione si debba decidere tutto con un playoff anomalo da giocarsi con le seconde e le terze classificate di ogni girone. Ma sono dell'idea che serviranno riforme, sennò molte squadre non riusciranno nemmeno ad iscriversi". Nel 'Team Top Undici' votata dai tifosi sulla pagina facebook ufficiale della Gubbio Calcio, figurano ben sei undicesimi di calciatori che ha avuto nella sua gestione (più Torrente), senza dimenticare che hanno preso voti pure pedine come Lamanna o Mario Rui che ritroviamo a giocarsi pure la Champions. Che dire? "Complimenti per l'iniziativa, in un periodo dove si sorride poco. Quello fu un periodo d'oro. Tanti protagonisti. Un lavoro generale. Dal patron Fioriti, ai dirigenti Mencarelli, Brugnoni e lo stesso Notari che era già nel consiglio direttivo. Un saggio e un maestro come Simoni. Succedeva perchè facevamo un calcio con snellezza, disinvoltura, con l'ausilio anche di Pannacci che era il direttore generale. Torrente è stato l'arma in più. Onestamente c'erano tanti calciatori forti che hanno portato il nome di Gubbio nel mondo. L'emozione più grande è stata vedere l'immagine di Mario Rui insieme a Ronaldo con il Portogallo. Prima era uno sconosciuto e vi racconto un aneddoto...". Prego, dica? "Quando arrivò la firma con Rui mi svaligiarono l'auto con la valigia con i documenti due ore prima del deposito del contratto a Milano. Abbiamo rischiato grosso, però riuscimmo a risolvere la situazione in extremis. Rui è uno dei più forti che ho portato a Gubbio, però mi fece soffrire le sette camice". Con questa crisi che si prospetta, per rilanciare il calcio in C servono più professionisti e meno fanfaroni. Questa può essere una ricetta? "La gestione è basilare. Se ripartirò con Notari è basilare, ma credo che il presidente ormai lo abbia capito. Meglio avere una rosa più ristretta, ma investire di più sulla gestione organizzativa. Più si abbassano le possibilità a livello economico, a maggior ragione ci vuole competenza. Non esiste occasione migliore per potersi livellare con le grandi piazze. Un momento cruciale per le piccole piazze per tornare a fare miracoli. Servono assolutamente le competenze, chi conosce il mestiere e società serene".

27 APRILE 2020
Borghese e l'aneddoto: "Il segreto... quelle cene a Cantiano da Sandreani". Le foto revival

Inutile nasconderlo, la stagione che ha condotto verso la serie B ha fatto breccia tra i tifosi. Infatti ne esce fuori un bel gruppo di calciatori tra i più votati nella Top 11. C'è pure un difensore, che a volte fu schierato pure centravanti (strano ma vero) e fece gol importanti. Stiamo parlando di Martino Borghese, ecco cosa ci dice: "Provo una gioia immensa rimanere nel cuore dei tifosi di una città che ho amato. D'altronde ho avuto un testimone di nozze eugubino come Minelli. Ogni anno vengo con mia moglie alla Festa dei Ceri, purtroppo quest'anno non si può e per questo stiamo impazzendo. Ma soprattutto torno a Gubbio perchè mi ritrovo nel mio habitat. Sono felice, onorato di questa nuova gratitudine dei tifosi. Credo che questa mia votazione vada divisa con tutti i compagni di squadra di quella stagione perchè da solo non si fa mai nulla e questo l'ho capito con l'esperienza nel calcio. Là c'era un gruppo e una rosa di persone formata da uomini veri. Lo ripeto, uomini veri: ragazzi con il cuore, tutti ragazzi splendidi". Un aneddoto? "Il nostro segreto erano quelle belle cene private che si organizzavano da Sandreani a Cantiano". Tutti noi ci ricordiamo quel Borghese che faceva il difensore, ma quando il Gubbio doveva riprendere il risultato veniva schierato come centravanti aggiunto. Curioso, no? "Il mister mi diceva sempre che in attacco avevo una fame che neanche gli attaccanti possedevano. Avevo pure la fama che riuscivo a segnare. D'altronde Torrente lo conosco da quando avevo 13 anni perchè mi veniva a prendere per gli allenamenti: mi conosceva a fondo e mi diceva che quella fame l'avevo avuta sempre nelle mie corde. Ha sempre creduto in me e si sono visti i risultati". Appunto Torrente, ora è di nuovo a Gubbio: "Credo che doveva tornare lì, in una città dove ha fatto qualcosa di pazzesco: due promozioni, il salto in B, ci ha dato tanto il mister e ci trattò come dei figli. Credo che la gente sia felice di averlo ancora a Gubbio perchè Torrente ci tiene veramente alla città e in quegli anni ha fatto qualcosa di assurdo". Noi, in particolare, ci ricordiamo quella doppietta finale a Monza in rimonta dal 2-1 al 2-3: incredibile vero? "Una delle partite più belle della mia carriera. Perdevamo per 2-1, segnai il pareggio e mi sentivo già appagato. Invece Torrente mi chiamò dopo il 2-2 vicino alla panchina e mi disse: «Stai sù! Che ne facciamo un altro!». Il gol del 3-2, gioia immensa, che a distanza di anni si amplifica per la sua importanza perchè è stata condivisa con tutti i ragazzi, con lo staff, con la gente che ci era stata accanto pure in trasferta e con voi giornalisti. Che dire dei tifosi: un rapporto squadra e tifoseria come in famiglia, si facevano delle cene insieme e si beveva insieme. Tutto in allegria, però poi quando eravamo in campo eravamo tutti concentrati per un solo obiettivo che era la vittoria per la città". L'attualità ci sconvolge: stop al calcio, una prospettiva di uno stadio che potrebbe non essere più come prima. Un commento? "No no, meglio non pensarci. Credo che il calcio non riprenderà fino al 2021. La serie C soprattutto è a forte rischio, basta un contagio e si blocca tutto di nuovo, soprattutto se in autunno ci sarà una nuova ondata. Perciò serve il vaccino, è una malattia imprevedibile e lascia complicazioni. Prima la salute di tutti. Attenzione a non seguire il business dei soldi".

26 APRILE 2020
Focus. Stadio "ripensato" con termoscanner, acquisti solo on line e la teoria del 'no touch'

Ore 14:30 oppure ore 15. Inizia la partita, ogni domenica. Trepidazione, novanta minuti e poi al fischio finale c'è chi gioisce e chi impreca. E così interviste e commenti, pure sui social, per una giornata consueta di calcio. Opss, ci siamo sbagliati. Non è più così. Stiamo vivendo in un mondo parallelo. In un universo alternativo con una realtà ben diversa. Siamo tutti immersi in un film di fantascienza. Ma chissà cosa pensano adesso tante persone per bene che lavorano tra le mille difficoltà. Il modo in cui percepiamo la realtà che era basata su stabili schemi. Adesso, come in un conflitto, come in guerra, c'è pure un virus che ci ha trasportato in una realtà irrazionale e folle. Forse nel mondo moderno non ci rendevamo conto che una certa normalità era una realtà costruita in cui noi tutti siamo stati plasmati. Nel momento del pericolo molti di noi sono soggettivamente portati a credere a ciò che vediamo senza poi fare domande. La verità ancora ci deve essere raccontata. Forse nel film di fantascienza toccherà a noi salvare il salvabile. Eppure, al momento, pare che si tratti davvero di un film. Un film che ancora non si conosce il finale della pellicola. Tutto un mondo è a rischio. Compreso quello del calcio. Uno stravolgimento generazionale, improvviso, che creerà un solco indelebile con il passato. Nessuno ne parla, ma sorge spontanea una domanda. Come si vivranno gli stadi dopo la pandemia? Un aspetto non di poco conto che va preso da subito in considerazione quando si parla di una possibile ripresa. Una indagine interessante, portata avanti dal quotidiano "Il Fatto Quotidiano", in base ad uno studio correlato dal Fenwick Iribarren (uno degli studi più importanti a livello nazionale di architettura), mette in chiaro alcune prospettive future che ad oggi risultano inquietanti. Almeno per come eravamo abituati fino adesso. Ci vorrà tempo prima che la nostra mente si potrebbe abituare, ammesso poi che per qualcuno sia ancora plausibile andare in uno stadio in certe condizioni. Ma non vogliamo tenervi sulle spine. Ecco cosa ci potrebbe aspettare nel prossimo futuro. Tutti gli stadi dovranno essere ripensati in serie A, figuriamoci in serie C. Mentre per qualche impianto più attrezzato si potrebbe trattare di un semplice maquillage, per altri si parla di ristrutturazioni profonde. Tutto ciò cosa significa in concreto? In pratica tutto dovrà ruotare su tre punti fermi, assoluti, imprenscindibili: controlli, distanziamento e automatizzazione per evitare i contatti. Insomma, ecco cosa cambierà. All'ingresso dello stadio tutti i tifosi dovrebbero essere sottoposti al controllo della temperatura corporea con uno scanner facciale. La fruizione dello stadio dovrà comportare file enormi perchè ognuno dovrà essere distanziato di almeno un metro l'uno dall'altro. Le novità più sconvolgenti tuttavia riguardano l'interno dell'impianto e questo farà di sicuro molto discutere: la capienza potrebbe essere ridotta addirittura fino al 15% perchè si dovrà garantire degli spazi tra uno spettatore ed un altro con un concetto ben preciso denominato 'No Touch' (il 'non toccarsi'). Uno stadio senza tifo? Allora che stadio sarebbe, tutti distanziati, e poi come funzionerebbe in una curva degli ultrà? Ma non è finita. Non si potranno utilizzare banconote, il tutto dovrà essere fatto on-line, sia per l'acquisto dei biglietti, sia per l'acquisto di bevande e/o cibo allo stadio. Le toilette autopulenti e tutte munite di dispenser automatici di sapone igienizzante. Senza dimenticare gli interventi continui, tempestivi, costosi per la manutenzione dell'impianto. C'è chi è ancora convinto che andrà tutto bene? Scordiamocelo. Non andrà tutto bene!

23 APRILE 2020
Notari: "Un protocollo non attuabile nell'attualità. Le aziende stanno soffrendo, serve riaprire"

Calcio sì, calcio no. Si riparte oppure no. Lockdown, imprese in sofferenza, il futuro. Tanta carne al fuoco. Ne parliamo con il presidente dei rossoblù Sauro Notari, imprenditore delle acque minerali Siami. Quindi, questa serie C, riparte? "Sono dell'idea che almeno per quest'anno non si riprende. Si può dire che in Umbria la situazione coronavirus è lieve e sta migliorando. Però qua ci sono ancora regioni che soffrono la situazione del virus, quindi predico cautela. Credo che la migliore soluzione è quella di fermarsi. La ripresa va fatta solo nel caso in cui ci sarà la massima sicurezza". Stilato un protocollo per riprendere, per molti risulta proibitivo, secondo lei? "Assolutamente, non ci siamo. Vi chiedo, chi è in grado di farlo? Chi è preparato? Solo alcune squadre in serie A possono adempiere a certe regole. Pertanto le società minori come le nostre sono senz'altro penalizzate, non ci sono le strutture adatte e non c'è nemmeno il tempo materiale per prepararsi. Nell'attualità molte società non sono all'altezza per seguire certi protocolli". Perciò qual è il suo parere per i verdetti finali, le prime tre dei gironi (Monza, Vicenza, Reggina) promosse in B e la quarta va ripescata? "Non sono d'accordo per un ripescaggio. Non penso sia logico. Una seconda classificata non può considerarsi a pari livello di una ottava o nona classificata. Si possono valutare altre soluzioni, ma non questa a mio avviso. Però dico: giusto mandare su Monza, Vicenza e Reggina. Ma se si deve fare per forza un sorteggio ho una idea: prendere le tre seconde classificate di ogni girone (Carrarese, Reggiana, Bari ndr) e potrebbe salire solo una di queste. Capisco però che ci potrebbero essere dei ricorsi e le carte bollate. Perciò la decisione va ponderata e votata a maggioranza". Il presidente Renzo Rosso del Vicenza ha lanciato un allarme dicendo che se l'industria e l'imprenditoria non riprende ci sarà una crisi senza eguali per il lavoro. Massimo Cacciatori ci ha detto che la quarantena non deve protrarsi troppo a lungo perchè si potrebbe aprire una crisi più profonda a livello economico. Posizioni nette, lei che ne pensa? "Infatti, questo è il problema più grande. Ripercussioni inevitabili per aziende chiuse verso mercati italiani ma anche verso l'estero. Perciò mi auguro che il governo valuti bene tutto: ok la salute, però devono stare molto attenti all'imprenditoria. Cioè, se continua il blocco delle aziende peggioreremo le cose. Molti settori stanno subendo, dal turismo all'alberghiero, dal vestiario al manufatturiero. L'unico settore che soffre di meno è quello agro-alimentare. Ma se non gira l'economia è un serio problema. Questi famosi 600 euro, tante domande sono state scartate. Sono d'accordo con il presidente Rosso quando dice che serve meno burocrazia e un sostegno economico fluido come avviene in altre nazioni. Non faccio politica perchè la seguo poco e non entro in merito. Però voglio dire che certe cose le può capire solo chi si trova al di dentro a certe dinamiche imprenditoriali e non può decidere chi non conosce certe realtà. Le aziende devono riaprire, con le dovute accortezze: portano lavoro e fanno girare il denaro, è tutto una catena e solo così ci si può riprendere. La scienza è importante, si deve trovare il vaccino. Ma bisogna sconfiggere pure il virus visibile della crisi economica, altrimenti sono problemi...".

22 APRILE 2020
Coda: "Situazione irreale, all'inizio è stata dura. A Gubbio inizio problematico, poi invece..."

Nel quartier generale domestico ormai è risaputo che ogni calciatore e ogni individuo italiano è relegato da quasi due mesi. In attesa del risveglio della libertà. Su questa scia si accoda... Coda. A parte il giro di parole, ecco cosa dice il difensore Andrea Coda tramite Skype (dal canale social ufficiale): "Cerco di rilassarmi a cucinare perchè mi piace, ma è stata dura all'inizio essere così chiusi come in un bunker. Bisogna stare dietro ai bambini perchè lavorano a scuola on-line, situazione irreale per loro. Difficile allenarsi, soprattutto a livello aerobico". Una quotidianità stravolta per tutti. Il calciatore di Massa poi parla di calcio, racconta alcuni aneddoti della carriera negli anni: "Quando ero a Empoli da giovane c'era l'allenatore Mario Somma nel 2004: facevamo tante riunioni al giorno, lezioni con il Subbuteo e con il laser, come mentalità era molto avanti perchè lavorava anche a livello psicologico. Sicuramente Somma è l'allenatore tra i più preparati che ho mai avuto. Oggi vedo tanti allenatori con carisma, ma lui già insegnava 16 anni fa così. Ebbe il coraggio di farmi giocare titolare tra tanti compagni che erano più anziani. Fu la mia fortuna per la carriera: andammo in serie A e proprio io segnai il gol della promozione. Ho fatto così 12 anni di serie A pure con Udinese, Livorno, Parma e Sampdoria". Tanti attaccanti forti da marcare, giusto? "Voglio dire ho incontrato Tevez, Cavani, Ibrahimovic, Kakà quello vero del Milan, Ronaldinho e Totti. Tutti fuoriclasse. Però mi ricordo bene Pellissier che dieci anni fa a marcarlo ci voleva il fucile. Mi ricordo pure Inzaghi che sembrava innocuo e poi se gli concedevi una mezza virgola ti puniva. Se andiamo nel dettaglio lo strapotere fisico che ha Ibrahimovic non ce l'ha nessuno. Per me è stato un onore marcare certi calciatori e che calciatori. Sono sincero, oggi il livello è calato, quella volta c'era gente ma forte forte". A Gubbio nell'attualità? "Quando sono arrivato c'erano tanti problemi sotto tanti punti di vista, diverse problematiche nello spogliatoio. Poi abbiamo raggiunto l'amalgama giusta, pure io sono entrato in forma. Abbiamo ritrovato compatezza e per me la squadra è valida. Un peccato il coronavirus perchè adesso potevamo rompere le scatole a chiunque". Intanto il patron del Vicenza, Renzo Rosso, ospite a 'Porta a Porta' da Vespa martedì sera, lancia un allarme: "Dovremo convivere con il Coronavirus, necessario creare le basi per riaprire. Bisogna dirlo: il virus causa molti morti, ma se continua così ce ne saranno molti anche se non riapriremo le aziende. Ora guardate come si comportano la Cina e la Corea: loro sanno, ci sono già passati. Finora non c'è stato nessun sostegno all'economia dal governo, nemmeno un euro, mentre in America dopo tre giorni si hanno i soldi: qua troppi documenti, là è tutto più fluido. Sì, sono preoccupato: fra sei mesi non ci saranno posti di lavoro e non so a chi spiegarlo". L'articolo su Trivenetogoal.it.

21 APRILE 2020
Cacciatori: "Anni meravigliosi. Di Felice come Baggio e gli applausi di Terni. E pure da ala..."

Nella Top Undici tra i più votati dai tifosi nel sondaggio social dell'As Gubbio 1910. Il primato è andato a Massimo Cacciatori in porta. Chissà cosa ne pensa. Eccolo allora, cosa ci dice: "Mi gratifica molto. Sono orgoglioso perchè Gubbio la considero come il coronamento di una bella carriera terminata nel migliore dei modi. In una città che sportivamente in quegli anni lì (fine anni '80) mi ha dato tanto". Tra gli undici scelto un suo ex compagno, Candido Di Felice, che ne pensa? "Che dire, Candido: non mi va di fare dei grandi paragoni, però per dare un'idea ai più giovani poteva essere considerato il Roby Baggio che tutti abbiamo conosciuto: tecnica incredibile, ottima visione di gioco, calcio splendido e pure un grande specialista nelle palle inattive. Calciatore completo, veramente bravo, ad oggi potrebbe giocare in serie A a livello di tecnico, anche se nel calcio moderno si viaggia a tripla velocità e c'è più fisicità". Torniamo a parlare di Cacciatori: Claudio Crespini ci ha detto che lei era un portiere vent'anni più avanti per come intendeva il ruolo, ma era così? "Lo ringrazio, ma è molto vero. Vi svelo infatti un aneddoto". Prego, dica? "Quando avevo 13 anni giocavo in due ruoli: mi mettevano ala destra il primo tempo e nella ripresa quando vincevamo facevo il portiere. Però mi piaceva stare più in porta e da lì andai alle giovanili dell'Ascoli. Perciò calciavo bene, con tutti e due i piedi, non avevo paura neppure dell'uno contro uno. Ma vi dirò di più...". Prego, dica? "Quando andai all'Inter di Heriberto Herrera (che poi ho avuto alla Sampdoria), nel precampionato ero il terzo portiere e mi fece giocare davanti in una partita amichevole e feci pure gol. Il primo gol della stagione lo feci io". Davvero curioso. Appunto Inter, Sampdoria, Lazio e poi perchè è finito a Gubbio? "Volevo smettere. Il vice-presidente di allora della Lazio, Parruccini, ero un socio di lavoro del presidente Vispi e da quel momento c'è stato davvero un vero corteggiamento. Alla fine mi hanno convinto. Dovevo fare solo una stagione e invece giocai per quasi quattro annate in rossoblù". Quei tempi, un suo ricordo? "Penso agli spareggi di Senigallia con Vis Pesaro e Riccione, da li capì che eravamo arrivati vicino al traguardo e perciò volevo completare l'opera. Una volta in serie C continuai, ma poi decisi di smettere: avevo dietro Riommi che era un ragazzo interessante e quindi ho detto basta". Tutti si ricordano la grande parata con un salto da leopardo sotto il sette su tiro di Di Prete nello spareggio poi vinto a Perugia davanti a ventimila persone, pure quei derby ricchi di suspence con Perugia e Ternana. Lei cosa ci può dire? "Posso raccontarvi che a Terni uscivo sempre scortato con Sampdoria e Lazio. Invece nel 1988 con il Gubbio vincemmo 4-1 e alla fine ci applaudirono: ho pensato, qui ci voleva il Gubbio per uscire senza scorta dal Liberati. Anni meravigliosi, li ricordo con tanto affetto, gli eugubini mi sono rimasti nel cuore". La foto di Cacciatori è datata 30 maggio 2006 nel priccolo riquadro, fu da noi scattata in Piazza Grande. Purtroppo, quest'anno, niente Festa dei Ceri: "Maledetto coronavirus, sta devastando un po' tutti. Ricordo con piacere la festa. All'inizio ero un po' scettico e dicevo: «ma questi sono tutti matti». Invece poi entrando nello spirito della città e degli eugubini capisci tante cose, sotto tanti punti di vista. Mi sono calato anche io in quella realtà". Ultima domanda: è giusto riprendere o no il calcio? "Priorità alla sanità indubbiamente. Però sono perplesso". Cioè? "Troppo eccessivo, si sta andando oltre: giusto contrastare il virus, però una volta che si rispettano le regole è giusto una uscita graduale. La quarantena così infinita sta distruggendo tutto, in primis l'economia. Non vorrei che dopo l'epidemia si apra la strada ad una crisi ancora più grave e profonda".

20 APRILE 2020
Crespini: "Meglio pensare al prossimo campionato. A Pesaro è stata dura. E quei quattro ex..."

Nel girone, una delle città più martoriate dal Coronavirus. Stiamo parlando di Pesaro. Ne parliamo con il direttore sportivo dei vissini, Claudio Crespini, tra l'altro ex Gubbio. Ecco il suo stato d'animo: "Che dire, stiamo tutti a casa: guardo giornalmente le partite sulla piattaforma Wyscout, ormai ho finito quasi tutte le partite a forza di guardarle". Come dire, si tiene sempre aggiornato, sempre sul pezzo, nonostante la clausura forzata. In Marche, una situazione seria, vero? "É stata molto dura. Siamo stati lì con i ragazzi finchè non c'è stato il rompete le righe della federazione e da lì si è capito che questo campionato non si sarebbe finito. Perlomeno fino al 30 giugno. Pesaro è stata molto colpita. Ma tutta l'Italia ha subito la situazione. C'è preoccupazione nel calcio, ma soprattutto di quello che saprà fare il paese e di quanto durerà questa pandemia che sta mettendo a dura prova tutti: stare dentro casa ad oltranza a livello psicologico è una situazione molto difficile". Pertanto, lei concorda con il fatto che è impossibile riprendere, da quanto possiamo capire, giusto? "Sicuramente. Parlare di calcio non è possibile quando ancora ci sono 400 morti al giorno. Ho visto pure il protocollo medico: posso capire che la serie A tenti, ma dubito che in B si possa seguire. Questione di costi, troppo elevati: dal punto di vista economico per la C diventerebbe devastante. Ci sono altre priorità primarie, anche per un medico stesso. Dico allora: azzeriamo questo campionato. Dopo di chè, pensare al prossimo perchè non si sa ancora quando potrebbe incominciare. Qualche virologo afferma che in autunno ci potrebbe essere un ritorno del Coronavirus. L'idea di Galliani di cominciare il prossimo campionato a gennaio 2021 e di finire questo in serie A o dove si può, non sono pensieri sbagliati. Sono d'accordo sul fatto che più tardi cominciamo l'anno prossimo e meglio è, perchè i campionati vanno iniziati in sicurezza. Non sono d'accordo che si debba finire il campionato di serie C perchè ci sono protocolli inattuabili. Con le difficoltà attuali, dal punto di vista economico e medico, ricominciare è utopia: si va contro l'etica e la morale, il campionato non può essere ripreso. Ma è chiaro e sacrosanto però che il Monza, Vicenza e Reggina devono salire in serie B perchè hanno un vantaggio notevole. La cosa più giusta che ha detto Ghirelli è di fermare tutto. Perciò azzerare le retrocessioni. Non ci sono le condizioni etiche e sportive per proseguire". Un pensiero deciso, basato sul fatto anche che c'è stato un calciatore contagiato in squadra? "Assolutamente sì. Una città che ha avuto più di 200 morti, ospedali pieni, sono decedute anche persone dell'Università di Urbino. La situazione è stata drammatica". Parliamo di calcio. Nel Top 11 rossoblù figurano quattro calciatori quando lei era diesse a Gubbio. Un suo commento? "Sandreani lo presi dal Cagli, è molto attaccato al territorio: mi ricordo che lo avevo venduto al Rimini del grande presidente Bellavista, ma lui non ha voluto: è diventato un valore importante per Gubbio, già quelle volte meritava di giocare in serie B. Giacometti era il capitano: un generoso e un ragazzo splendido. Lazzoni era una persona di grande affidabilità: un soldato in campo. Mattioli il più estroverso di tutti, tecnica e velocità, uno scugnizzo. Quattro bravi calciatori e bravi ragazzi". Forse manca Cipolla? "Ma nella top c'è gente come Galano, Gomez e Marotta che vinsero dei campionati. Però Cipolla era veramente forte: ha vinto i campionati fino a 45 anni". Votati pure Di Felice e Cacciatori, oltre Bartolucci e Borghese, quindi? "Tanta roba, oggi è una squadra da primi tre posti e... sono stato prudente. Con Cacciatori ci giocammo contro quando ero ad Urbino: un uomo di grande carisma, un portiere che ti ipnotizzava, con personalità: era vent'anni avanti come intendeva il ruolo, un precursore di quello che è il portiere oggi".

19 APRILE 2020
L'editoriale. Il calcio è finito... uno scenario mai visto! E il "servilismo" non è accettabile!

Niente sarà più come prima. Riprendere il calcio non è semplice. Uno scenario mai visto. Se qualcuno si illude che sia diversamente si deve scontrare con la dura realtà. Viene confermato da un protocollo che solo a leggerlo fa venire i brividi. Oltre al fatto che viene rivelato che questo virus lascia ai guariti dei danni a livello miocardico (nel 25% dei casi accertati). Guardare il link. Non è solo una questione di sanificazione o supporto con delle mascherine, screening o tamponi. C'è un discorso anche pratico. Distanze di due metri negli allenamenti in campo, negli spogliatoi e sala massaggi (con operatori bardati come dei palombari). Non sarà possibile fare docce. Fattibile? Abbiamo qualche dubbio. Poi servirà un medico disponibile 24 ore su 24 (sempre attivo), in caso si va nei ristoranti solo cibo self-service e in albergo previste solo camere singole. Percorsi separati per addetti al campo, massaggiatori o magazzinieri. Per non parlare inesorabilmente delle responsabilità delle società che devono impegnarsi a rispettare nel dettaglio tutte le disposizioni, pure l'igiene personale di ogni singolo calciatore. Fattibile? Lasciamo a voi ogni riflessione. Senza dimenticare che si sta parlando che gli stadi rimarrano chiusi fino a dicembre. Senza contare poi che il calcio è uno sport di contatto, con agonismo elevato. Questo è calcio? Non crediamo proprio. Inutile nasconderlo. Questo non è calcio. Tutte le emozioni, il tifo, l'aria che si respira sul campo giocato, l'atmosfera che si crea, l'esultanza o la passione. Tutte componenti che vanno a farsi benedire. Niente sarà più come prima. Andrà tutto bene? Siamo realistici. Nel calcio andrà a disgregarsi quel tessuto sociale che c'è intorno, con ritiri lontani dal mondo e tutti distanti (almeno di un metro). Sembra una battuta, ma non lo è. Ma d'altronde si viaggia a vista. Come nel paese dei balocchi. Basta guardare cosa succede ai vertici di un paese con tante voci, incongruenze e incoerenze. Oltretutto qua nessuno si prende la responsabilità di chiedere i danni fattivi di questo virus. Negli Stati Uniti d'America con l'ausilio delle imprese è partita la prima "class action" che chiederà a Pechino un maxi-risarcimento. Si è mossa pure l'India che ha depositato presso l'ufficio dei diritti umani una richiesa di azione legale alla Cina per crimini contro l'umanità (così scrive 'La Stampa'). Senza tralasciare la perdita di tante vite umane. L'Italia, la nazione più colpita in Europa, non si muove affatto. Esce fuori la parte peggiore dei governanti. Quella parte autolesionista di servilismo verso una dittatura. La politica deve dare risposte e invece piega gli interessi degli italiani. Ma allora i danni incalcolabili verso i cittadini, chi li paga? La gente deve sapere la verità.

18 APRILE 2020
Focus. Così... il campionato non riparte. Protocollo inapplicabile e la grana "responsabilità"

Ci sarebbe un protocollo della federazione calcistica che è stato inviato al Ministero della Salute per la ripresa degli allenamenti ma in particolar modo (quello che tutti vogliono sapere) per capire quali ad oggi potrebbero essere le direttive per una possibile ripresa del campionato. A quanto pare, per gli allenamenti, si parla del 4 maggio ma ci saranno da mettere sul tavolo tante accortezze per lavorare in tutta sicurezza. In evidenza il fatto che i calciatori dovranno essere monitorati in maniera costante e tutti i contatti con l'esterno devono essere azzerati. Adesso, è da capire, se ognuno può farlo nel suo centro sportivo oppure in una zona prestabilita dove ci sia una struttura in grado di essere sanificata in piena regola. Tutto questo viene scritto in anteprima dal sito Ansa.it. D'altronde sorge spontanea una domanda. In questo paese finora non si hanno tamponi a sufficienza per medici, infermieri e malati sintomatici. Pertanto per lavorare in totale sicurezza si dovrebbero fare dei tamponi a tappeto su tutti i calciatori e tutta la gente che ruota intorno al calcio. Oltretutto si parla di poter iniziare facendo fare dei test specifici: quello molecolare rapido e sierologico, un'anamnesi accurata, visite cliniche ad hoc ed esami del sangue. Chiaro che in tal caso per ogni società si deve decidere di mettere mano da subito nel portafoglio. Oltretutto si parla di ritiri blindati, ovvero utilizzando strutture in modalità permanente e chiusa. In pratica questo procedimento in serie C potrebbe diventare inapplicabile. Basti pensare ai costi, tutt'al più sono inaccessibili se ad esempio una intera squadra (con staff) dovrà restare chiusa in un albergo per almeno 40 o 60 giorni. Inapplicabile perchè molti presidenti in serie C devono portare avanti delle aziende già provate dall'emergenza del virus e gli stessi dipendenti sono finiti tutti in cassa integrazione. Senza considerare, tra l'altro, che non sono previsti introiti in quanto sicuramente le partite si giocheranno tutte a porte chiuse in caso di ripresa. Ma il problema più grande è un altro, non di poco conto. Nel decreto 'Cura Italia' c'è un articolo che mette in ulteriore difficoltà i club. In pratica l'articolo 42, comma 2, recita che prevede la registrazione dei lavoratori (in questo caso calciatori) che vengono contagiati dal Coronavirus come infortuni sul lavoro. Una responsabilità notevole per tutti i datori di lavoro (in questo caso le società calcistiche) perchè, seppur adottando tutte le misure per evitare il contagio, se un dipendente dovesse contrarre il virus sarebbe la società stessa ad essere poi responsabile a prescindere dalla situazione con la quale si è venuta a creare. Osservazione saggia che è stata descritta da Tuttoc.com dal giornalista Luca Bargellini. Chiaro che nessuno vorrebbe ora prendersi questo rischio ulteriore. Pertanto, ci sembra pure logico, che tante società stanno spingendo per chiudere la faccenda senza riprendere il campionato. Con una proposta sul tavolo: promosse in serie B le tre prime classificate dei tre gironi (in tal caso Monza, Vicenza e Reggina), più una quarta che dovrebbe essere selezionata tramite sorteggio. Possibile un blocco delle retrocessioni. Adesso è solo una ipotesi. Ma può essere fattibile e lo stesso presidente Ghirelli a Tuttoc.com è categorico: "Una risoluzione comune verrà esaminata. Purtroppo il clima di sofferenza è enorme".

16 APRILE 2020
Alex e Max, duo inossidabile. Sandreani: "Capitano del popolo". Lazzoni: "Ma era naturale..."

Nella Top 11 votata dai tifosi sui social ufficiali del Gubbio, fanno parte un duo di mediani (quantità e di qualità) che hanno giocato per diverse stagioni insieme. Ci abbiamo parlato. Partiamo dalla bandiera, Alessandro Sandreani, per dodici anni in maglia rossoblù, che si mostra saggio anche in questa fase difficile: "Purtroppo adesso non comandiamo noi, ma il virus. Ma tutto può servire per riscoprire i veri valori". Come dargli torto. Questa votazione? "Diciamo che tanti sacrifici e qualche rinuncia alla fine ripagano sempre. Dodici anni in campo in rossoblù non sono pochi, con momenti belli e pure brutti, questo per non dimenticarlo. Sono onorato di essere stato parte integrante della storia del Gubbio". D'altronde tutti i tifosi riconoscono che Sandreani è stato un punto di riferimento sia dentro che fuori dal campo per umiltà e dedizione: "Diciamo che Gubbio è casa mia, è vicina alla mia Cantiano. Ho avuto la fortuna di essere in simbiosi con il popolo eugubino. Questo è il lato che mi ha dato davvero le maggiori soddisfazioni: sono stato considerato il capitano del popolo. Ho sempre vissuto per gli idoli patriottici, nel mio piccolo ho cercato di scrivere la mia storia a Gubbio". La gioia più grande il doppio salto per finire in serie B? "Dico la verità? Per me ci sono 12 anni di vissuto: si ricordano le cose belle, però nel mio interiore ricordo tutto il percorso a partire dal 2002. In quegli anni lì ci accontentavamo dei playoff in C2. Avevo avuto tante richieste per andare via (tra le quali Rimini e Padova ndr), ma mi sono considerato un pazzo: quella pazzia di fare tutto con il Gubbio. Anni belli con Galderisi e Castellucci, anni di sofferenza dove però si venivano a conquistare salvezze tra cui quella con Alessandrini che fu miracolosa. Poi è chiaro che si ricordano gli anni con Torrente perchè furono esaltate le mie qualità. Ma ricordo anche quelle salvezze che non erano così scontate: avevamo delle lacune e la faccia ce la mettevano sempre i soliti noti". Ah proposito, di soliti noti: con Max Lazzoni, voi due in coppia per sei stagioni intere, sempre i primi ad arrivare agli allenamenti come esempio verso tutti? "Fu il mio punto di riferimento quando arrivai a Gubbio, anche fuori dal campo: era un idolo dei tifosi, mi ha dato tanto, ci coniugavamo perchè in campo avevamo la stessa tempra e lo stesso carisma. Un grande amico, ci sentiamo spesso e ho una certa venerazione per lui: è stato un calciatore molto importante per il Gubbio". Nella Top undici, Torrente come allenatore? "Vincenzo ha segnato la storia: cocktail unico, lui e Stefano Giammarioli sono riusciti a tirare fuori il massimo da tutta la squadra, e lo facevano con tanta semplicità, tanto lavoro e organizzazione. Ma Torrente lo sta dimostrando anche ora, eppure è stato pure lui messo in discussione: ci vuole pazienza nel mondo del calcio perchè fa la differenza". Tocca allora a Max Lazzoni (per otto stagioni in rossoblù). Dice: "Bella soddisfazione essere stato votato, la gente si ricorda ancora di me. Il mio gol più bello quello su rigore contro il Gualdo perchè ci fece vincere il derby nel 2000. Anni belli, con gruppi solidi. Incontrammo pure la Sangiovannese di Sarri. Alessandrini fu quello che ci tirò fuori il meglio di noi per carattere, determinazione e passione. Sandreani? Sei anni insieme, tanti, siamo diventati subito amici: in campo ci ritrovavamo in maniera naturale, eravamo due mediani in un momento dove si giocava ancora in due in mezzo al campo a Gubbio, dovevi saper contrastare e ripartire allo stesso tempo. Poi cambiò tutto con lBeoni (4-3-1-2 ndr) e con Torrente (4-3-3 ndr). Torrente è nella Top 11? Giusto: ha lasciato il segno con promozioni entusiasmanti fino alla B. Ed ora sta facendo bene, sta portando il Gubbio alla salvezza".

15 APRILE 2020
De Silvestro: "Quando ero Silveiro". Stilata la Top Undici ideale rossoblù votata dai tifosi

Calciatori del Gubbio che parlano solo via social, blindati nelle loro abitazioni. Cosi è, così si devono tutti adeguare. Parla l'attaccante esterno Elio De Silvestro tramite il canale ufficiale della società e la butta sul ridere: "Una giornata senza un attimo di tregua, piena di impegni e non ho il tempo nemmeno per stendermi sul divano". Ovviamente il calciatore laziale usa l'ironia per poter abbattere tutte le brutte sensazioni che si provano in questo periodo. De Silvestro ha aggiunto: "Torno serio. Dopo il mio brutto infortunio in campionato che mi ha fermato per mesi, ora cerco di farmi trovare pronto quando si potrà riprendere. Chiaro che un conto è allenarsi da solo a casa e un altro è allenarsi con il resto del gruppo al campo". Esce un aneddoto impensato, lo racconta senza peli sulla lingua: "C'era la Roma che si era interessata a me, d'altronde era vicino casa. Alla fine però venne fuori la Juventus ed essendo io juventino ho scelto di essere bianconero. Per dissuadere la Roma alla quale avevo già dato la parola, con la Juve feci un provino in un torneo in provincia di Bergamo sotto falso nome. Questo perchè c'era la stessa Roma nel girone, però se ne sono accorti. Che cognome mi avevano messo? Silveiro". Da ridere, un nome alla brasiliana. Ma ci fu pure una esperienza con Conte con una tourneè negli Stati Uniti d'America: "Emozionatissimo, non potete immaginarlo. Ho passato due mesi senza dire una parola. Sono timidissimo. Cominciai a parlare solo quando arrivò Immobile che già conoscevo. Tutti campioni, facevo fatica ad abbracciare Del Piero quando segnava. Ma lo stesso Del Piero mi aiutò: avevo finito la ricarica del mio telefonino, lui mi disse che se dovevo chiamare casa bastava andare da lui in camera. Persona eccezionale, a parte il campione che era. Esperienza che mi ha temprato". Ha parlato pure il capitano Nicola Malaccari con Rtv San Marino via Skype: "Mi mancano lo spogliatoio, il pubblico, lo stadio, il campo, speriamo di rifarlo presto. Mi sembra insensato tagliare gli stipendi a gente che poi guadagna 1200 euro qal mese". Come si può vedere nel link. Intanto si sono concluse le votazioni per decretare la squadra Top 11 ideale rossoblù (indette dal canale facebook della società, su iniziativa dell'addetto stampa Massimiliano Francioni) e in un ipotetico 4-2-3-1 ecco la formazione base. Cacciatori in porta. Difesa a quattro con Bartolucci, Borghese, Giacometti e Mattioli. Duo di centrocampo con Lazzoni e Sandreani. Trequartisti con gli esterni Galano e Gomez, rifinitore Di Felice. Come centravanti Marotta. Come migliore allenatore è stato votato Torrente (davanti a Landi). In panchina invece Lamanna, Rizzo, Mario Rui, Briganti, Bruni, Boisfer, Cocciari, Parisi, Ferretti, Zoppis e Clementi. Ecco di seguito lo scacchiere raffigurato con la grafica.

14 APRILE 2020
Di Felice: "Da brividi... cari eugubini, grazie. A Gubbio come in famiglia. L'aneddoto e i gol..."

Alle prime armi del sito Gubbiofans.it, in un sondaggio con i tifosi, fu nominato migliore calciatore del Gubbio. Nel 2000 era stato proclamato giocatore rossoblù del secolo. Adesso, nella Top 11 promossa dal club dell'A.S. Gubbio sui social (facebook) per promuovere la squadra ideale, trova di nuovo posto un fantasista (classe 1957, di L'Aquila) che fece sognare l'intero popolo eugubino con quelle giocate che non si dimenticano facilmente. Stiamo parlando di Candido Di Felice, ci abbiamo parlato, cosa ci ha detto in esclusiva: "Sì, ho saputo, ma che bello. Ho letto pure su Il Messaggero con l'articolo scritto da Boccucci che mi riguarda. Non nego che mi vengono i brividi sapere che sono ancora ricordato così tra la gente. Sono orgoglioso di avere indossato questa maglia, esperienza che resterà sempre nel mio cuore". Ne è nato un dibattito su facebook sul profilo di Leonardo Argentina, allenatore delle giovanili rossoblù, che non conosceva chi era Di Felice: "Sì sì, è un'emozione grandissima. Tutta la mia famiglia ancora ricorda con piacere Gubbio (dal 1987 al 1989). Sono stato bene ovunque, ma a Gubbio è stato eccezionale: la gente era cordiale, come in una famiglia". Nel 2016 ci fu il grande galà eugubino dove ci fu la rassegna dei migliori personaggi del calcio rossoblù, pure Di Felice fu presente: le sue sensazioni? "Fui acclamato, che dire... stupendo. Non è retorica quello che dico: ho potuto del resto ritrovare il presidente (Vispi ndr) e tanti ex compagni. Faccio fatica a trovare le parole. Mi sono trovato a casa". Un aneddoto, quando in una amichevole contro il Bari, il Gubbio vinse per 3-0 e l'allora patron barese Matarrese chiese chi era quel numero 10. Quando gli dissero che si chiamava Di Felice e aveva 30 anni, rispose che era un peccato. Cosa c'è di vero? "Tutto vero, certamente. Feci davvero una grande partita, ma con l'apporto dei compagni: sono stato fortunato, c'erano dei calciatori che non solo lavoravano e correvano per me, ma per tutta la squadra. In quell'occasione furono bravi il tecnico Landi e la società che assemblarono una ottima squadra, a partire dal portiere Cacciatori: proprio tutti ci volevamo bene". Noi ci ricordiamo ancora quel gol al Lanciano di pallonetto, con il cucchiaio, di destro, alla Totti, con la palla che non sembrava entrare mai in rete e poi si infilò come una piuma sotto il sette. É questo il gol più bello in rossoblù? "Sicuramente questo, ma due in particolare. Pure quello contro la Jesina nel 3-2". E come no? Un gol d'alta scuola, ma lo racconti lei: "Un avversario davanti lo saltai con un pallonetto, arrivò un altro avversario e feci di nuovo un pallonetto, poi sempre tutto al volo calciai di destro da fuori area e insaccai la palla nell'angolino". Chapeau, in tribuna tutti a stropicciarsi gli occhi. Parliamoci chiaro, quelle giocate, alla palla si dava del tu: oggi, talvolta, c'è pure qualcuno che non sa stoppare la palla. Cosa può essere cambiato? "Altra generazione: da bambino io stavo sempre in strada, giocavo e palleggiavo con altri compagnetti, partitelle di continuo. Per me era una passione. Ora, forse, c'è più benessere, un giovane ha altri svaghi. É raro vedere ragazzi giocare nei prati. Ma c'è un rammarico...". Prego, dica? "Avevo delle doti, forse non le ho sfruttate al massimo perchè a sentire i commenti di allora potevo giocare pure in serie A, però non è mai successo. Credo che oggi è più facile per un calciatore scalare le categorie". Ma quella squadra, aggiungiamo noi, era molto forte, è d'accordo? "Le categorie più basse di allora erano più forti. Era un calcio più tecnico. Oggi si pensa più al fisico e alla tenuta atletica". Un calciatore che ricorda volentieri? "In particolare Luiu e Giovannico, con loro era pazzesco: come tre fratelli, ci aiutavamo a vicenda sempre". Ultima parentesi: i tifosi, quella curva sud piena di oltre 7000 eugubini nel derby a Perugia nel 1987, un calcio che oggi sembra d'altri tempi. Che dice? "Infatti mi riguardo tutte le cassette. Era tutto pieno. La gente non vedeva l'ora che arrivasse la domenica. A quei tempi era tutto più bello".

13 APRILE 2020
L'editoriale. Futuro incerto: in gioco libertà, diritti, svaghi. Ma chi pagherà per tutto questo?

Un periodo dove si parla poco di calcio, ma di attualità. Interessante un articolo apparso sul sito on line del 'Corriere della Sera' con un titolo eloquente: «La Sars ci aveva predetto il Coronavirus e non abbiamo saputo ascoltare». Quando un intero globo viene annichilito da un virus in tempi moderni, ci sono tante riflessioni che vengono a galla. Come viene precisato dall'articolo stesso, tanti gli aspetti sotto la lente di ingrandimento. Già si sapeva dei mercati cinesi, nominati in gergo «wet market», cioè quei mercati con degli animali selvatici che poi sono in grado di portare quei virus all'uomo: il tutto è favorito da condizioni di contatto diretto tra animali macellati vivi in condizioni sanitarie precarie. Basta leggere questo articolo per farsi un'idea per capire meglio. Quando si rovistano poi le foto della pandemia "spagnola" sembrano oggi, sono passati 100 anni, ma nulla è cambiato. C'erano state delle avvisaglie che conducevano ad un allarme pandemico. Aveva messo in guardia tutti il medico canadese Caulford ai tempi della Sars, dove pure il Canada fu toccato dal virus, e a suo dire, affermava: «ha spezzato uno dei più raffinati sistemi sanitari del mondo mettendolo in ginocchio, rischiamo grosso in prossimità di un prossimo virus». Il tutto è stato preso alla leggera perchè già si sapeva che un virus avrebbe colpito senza pietà un sistema sanitario con una pressione insostenibile. Troppa improvvisazione nel capire l'emergenza. Si è violata anche la carta costituzionale (articolo 32) che sancisce la tutela alla salute per l'interesse della collettività. Il risultato finale è la storia di questi giorni. Così si è dovuti arrivare ad estremi rimedi. Così di fronte a questa minaccia, con il rischio di mandare in tilt un intero sistema sanitario (depotenziato in dieci anni), si è passati alla quarantena e si è fermato un intero paese, con conseguenze che saranno inimmaginabili a livello economico. Senza dimenticare che si è messa a repentaglio la libertà individuale. Capite bene, anch'essa sancita dalla Costituzione, ma in questo caso la carta costituzionale è stata aggirata. Non certo per colpa dei cittadini. Ma da una gestione alquanto superficiale della situazione. Sia chiaro: la sola vera libertà è quella che esprime il bene universale. Ma è altrettanto chiaro che una politica seria, oltre al rischio sanitario, deve mettere in conto pure il danno che è stato procurato per tanta gente con la clausura domestica. Chi pagherà il danno economico che comporterà tutta questa vicenda? Chi pagherà il fatto che ogni cittadino dovrà cambiare stile di vita e di aggregazione, che sconvolge un intero popolo e un certo modo di vivere? Si fanno tante chiacchiere ma nessuno sta mettendo in atto delle misure di sostegno economico, morale e psicologico verso una popolazione che dall'oggi al domani si è vista privare anche del diritto di poter stringere la mano ai propri cari, ai propri amici e alla gente che si vuole bene. Ogni cittadino ha perso un pezzo della sua libertà e dei suoi diritti. Nella democrazia vige la trasparenza, un bene di garanzia irrinunciabile. La democrazia ha coniugato le esigenze della libertà e della giustizia sociale, ideologia che prevale sulle dittature. Ma siamo davvero sicuri che si stanno esercitando i poteri che la democrazia riconosce? Le scelte che si prendono oggi per combattere il virus devono essere coniugate con altre scelte che devono garantire il nostro futuro e il futuro delle prossime generazioni. Lo chiedono gli italiani.

10 APRILE 2020
Gomez: "Mi manca il pallone, il calcio è bello. Quando giocavo con Jorginho? Sì, ma..."

Intervenuto nella trasmissione 'Aspettate C' a Sportitalia visibile sul canale digitale terrestre numero 60. Stiamo parlando di Juanito Gomez mentre scorrono le immagini con l'argentino che si allena con la palla nel garage di casa. Gomez spiega il momento: "Purtroppo siamo tutti a casa, ma lo facciamo per il bene di tutti quanti. Io sono tornato a casa, qua vicino Verona perchè ci è stato dato il permesso di andare via. Abbiamo tanta voglia di ripartire e giocare perchè giocare è la cosa più bella che c'è. Ma faccio davvero fatica ad essere fiducioso vista la situazione che stiamo vivendo. Questo mestiere è troppo bello. Perciò si può pur aspettare: si può giocare pure a luglio, agosto o settembre. Non si può stare a casa troppo a lungo". Eppure tempo fa la squadra si è allenata in città, in centro storico, ma che bello? "Tra la gente è stato bello. Ma lo abbiamo potuto fare perchè in quel preciso momento la situazione di emergenza non si era ancora capita bene. Tuttavia è stato importante perchè volevamo stare vicino alla città e alla gente che non poteva venire allo stadio. Abbiamo voluto dimostrare tutta la nostra vicinanza. Una cosa bella, con la gente che ci osservava con piacere. Ora la cosa è davvero complicata, bisogna stare a casa e uscirne il prima possibile. Resta incredibilmente difficile parlare di calcio adesso". Qualche indicazione per il rientro? "Non abbiamo una data. Perciò attendiamo, finchè non arrivano decisioni dall'alto". Una carrellata di gol e in studio rimane impresso quel gol a giro sotto il sette con destro liftato dalla lunga distanza segnato alla Feralpisalò con il portiere locale che resta di sasso: "Sì, bello, da non crederci, ma non ci credevo nemmeno io". Un po' di ironia non manca, come non manca un po' di modestia quando parla che ai tempi di Verona è stato compagno di squadra di Jorginho: "Mi dicevano che ero più forte di lui tecnicamente? In realtà si è visto la carriera che ha fatto Jorginho, è molto forte e faceva rendere più forti anche chi giocava con lui, compreso me stesso. Ma con l'Hellas Verona è stata una esperienza molto bella, due promozioni, ho tanti amici, non è un caso che mi sono fermato ad abitare proprio a Peschiera del Garda vicino Verona". In giornata ha parlato pure il tecnico Vincenzo Torrente. E' intervenuto nella edizione di Genova del giornale 'La Repubblica' (come ha riportato anche Tuttoc.com) e ha detto: "In C gli stipendi non si toccano. C'è gente che guadagna anche 1500 euro al mese. Monza, Vicenza, Reggina e Bari sono entità a parte per la serie C, da tenere conto. Senza quattro mensilità non si possono pagare i mutui o gli affitti".

10 APRILE 2020
Dubickas e Megelaitis in Lituania. E Notari non esclude la formula della cassa integrazione

Liberi di tornare a casa. Lo aveva accennato e anticipato proprio sulle nostre colonne il patron Sauro Notari: "Appena possibile, vorrei che i calciatori tornassero dalle loro famiglie e nelle loro case". Così è stato. Pertanto sono rientrati in Lituania, nel paese d'origine, l'attaccante Dubickas e pure il mediano Megelaitis, dopo un viaggio più lungo del previsto visto l'emergenza pandemia. Rimane in sede invece l'altro straniero, Munoz, che ha preferito restare in Italia senza tornare in Spagna. L'argentino Gomez vive ormai nel nostro paese ma è tornato a Peschiera del Garda. Anche il tecnico Torrente è tornato a casa, in Liguria, a Genova. Pure il portiere Zanellati è tornato a Torino. Queste notizie sono riportate sul quotidiano locale stamane nell'articolo pubblicato da "Il Messaggero". Tutto questo sta a significare che molto probabilmente la stagione non sarà conclusa a breve, con l'ipotesi che addirittura l'annata non sarà terminata per nulla. Anche perchè tutti questi calciatori, in caso di ritorno, dovranno rimanere in quarantena. Da stabilire perciò come potrebbe finire, con la possibile prospettiva che addirittura le prime classificate (di ogni girone) vengono promosse in serie B. Si sta pensando anche di formare una serie C d'elite con 20 squadre e il resto delle squadre raggruppate in una specie di vecchia serie C2. Bisogna capire anche il futuro economico e proprio il patron Notari non ha escluso che si possono usare delle strade alternative in questo periodo di crisi: "Penso che la cassa integrazione può essere adesso uno strumento giusto. Bisogna tutelare i calciatori, la salute prima di ogni cosa".

08 APRILE 2020
Malaccari: "Fase difficile, si riparta con sicurezza. Giocare è improbabile. E con la cyclette..."

Parla in streaming il capitano Nicola Malaccari. Solo ed esclusivamente via video tramite i canali social ufficiali. Purtroppo la situazione è questa e dobbiamo anche noi adattarci, finchè non ci sarà un vero cambio di rotta nelle restrizioni. Tuttavia Malaccari ha fatto sapere: "Stiamo eseguendo il programma dello staff tecnico, in caso di una eventuale ripresa. Cerchiamo di tenerci in forma nel limite del possibile. Ho dovuto comprare una cyclette perchè vivendo in un condominio non avevo tanto spazio per correre ed allenarmi per le restrizioni che ci sono in vigore. Perciò adesso mi prodigo a pedalare abbastanza. Dico la verità, vorrei dormire di più, ma ormai mi sono abituato alla sveglia quotidiana dell'anno calcistico: mi sveglio alle ore 9 circa e faccio pure le pulizia di casa. Vivo con mia moglia Isotta ma lavora in smart working chiusa nel suo ufficio qui in casa. Ma nel fine settimana fa lei le faccende domestiche perchè è più brava. Faccio la spesa la mattina, pranzo insieme, nel pomeriggio mi rilasso sul divano. Gioco pure alla playstation. L'allenamento inizia intorno alle ore 17 per un'ora o un'oretta e mezza. Cena e prima di dormire si guarda la tv. Purtroppo le giornate sono queste". Una chiusura totale verso il mondo, diremmo noi. É difficile parlare di calcio adesso, ma ci si prova: "Mi ricordo volentieri al primo anno di esperienza nei professionisti con il Rimini quando lo stesso Gabriele Zamagna, allora direttore sportivo, si trasferì dagli adriatici all'Atalanta e mi portò con sè con la Dea squadra Primavera: fu una bella esperienza toccare con mano l'ambiente atalantino, fu una prova che mi fece crescere tantissimo. Giocai con Zappacosta, Baselli e Sportiello che poi sono arrivati più in alto. Ci giocava pure Almici che è stato a Gubbio in serie B". Ma c'è un altro step per la sua carriera, l'esperienza in serie C1 con l'Avellino: "Naturalmente, riuscì a fare per la prima volta un campionato da protagonista in terza serie. Ottima squadra con tanti giovani ma con degli elementi che sono arrivati in alto come Zappacosta, Izzo, Falzerano e Zigoni. Una grande spinta fu anche la piazza di Avellino, in quanto come calciatore ti fa sentire importante". Poi il Gubbio: "Mi chiamò proprio Giammarioli, colui che mi aveva voluto a Gubbio in estate 2012. Mi sono affezionato a questa maglia. A parte delle parentesi con Savoia, Paganese, Lupa Roma e Maceratese. Purtroppo furono esperienze non positive per via di problemi societari. Però a Macerata ci fu un grande gruppo con Giunti alla guida. Parentesi che mi hanno fatto crescere a livello umano. Il mio ritorno in rossoblù è stato importante, tra l'altro con il presidente (Notari ndr) sono contento di avere riallacciato i contatti, questa maglia me la sento mia e mi sento una responsabilità doppia adesso essendo il capitano". Ora come si ripartirà? "Situazione molto difficile. Se si riparte sono dell'idea che ci deve essere la massima sicurezza. Finchè non si vince questa guerra, la priorità è la salute. Solo dopo si può riprendere, pure in estate".

07 APRILE 2020
Giammarioli: "Cambieranno le abitudini, ora i presidenti devono pensare ad altro. Silenzio..."

Parla il direttore sportivo del Gubbio in questa fase delicata che sta attraversando il mondo pallonaro. Stefano Giammarioli ha parlato così: "Le abitudini cambieranno a livello umano, ma quando questa emergenza sarà finita subentrerà anche un problema economico, nello sport come pure nella vita quotidiana. Bisogna avere anche rispetto verso questi presidenti che in questo momento devono tutelare le famiglie e gli operai. Ma aspettiamoci dei budget più bassi". Parole del diesse eugubino pronunciate alla redazione di 'Super News', dove ha proseguito dicendo: "Tuttavia devo dire che il nostro presidente (Notari ndr) con molta serietà ha rispettato le scadenze di alcuni giorni fa, perciò siamo in regola quindi con i pagamenti fino a febbraio. Invece per quanto riguarda altri discorsi come i rinnovi, i contratti e le mensilità, il presidente preferisce attendere che questa emergenza finisca". Un accenno sulle parole pronunciate dal presidente Ghirelli, ecco cosa dice Giammarioli: "Penso che si stia comportando in maniera responsabile con idee positive, concrete e razionale: d'altronde la priorità adesso è la protezione delle persone". Quando si parla di una possibile ripresa, taglia corto: "Ora a mio avviso serve silenzio, soprattutto nel rispetto per chi sta soffrendo. Soffriamo tutti però c'è tanta gente che sta soffrendo cento volte di più: chi è chiuso in casa, chi ha perso dei familiari, chi soffre negli ospedali, soprattutto medici ed infermieri. Pertanto noi sportivi dobbiamo attendere in silenzio". E adesso come vi adattate a distanza con i calciatori? "La squadra è stata sotto controllo fin dai primi giorni dell’arrivo di questa pandemia. Siamo stati fin da subito molto severi. Il mister e lo staff hanno risposto in maniera molto seria e responsabile alle nostre direttive. Il presidente (Notari ndr) è stato capillare nei controlli, insieme allo staff medico, garantendo in questo modo ai calciatori e dipendenti un monitoraggio continuo. Quindi, ora, la squadra attende nuove disposizioni nelle proprie case, con grande responsabilità. Il dottore ha consigliato una dieta provvisoria". Ma che futuro sarà secondo lei? "Cambierà completamente lo stato mentale delle persone. Dovremo tutti abituarci per un lungo tempo alle mascherine e alla distanza di sicurezza. Tuttavia posso dire che il nostro presidente già da tempo ha predisposto una continua disinfestazione degli spogliatoi, insieme alla costante pulizia di tutti gli ambienti".

06 APRILE 2020
Ghirelli: "Siamo in guerra e le case sono distrutte. Qua i presidenti devono salvare le aziende"

Si è potuto evidenziare un Francesco Ghirelli mai visto a notte inoltrata dove è intervenuto su Raidue nella trasmissione "La Domenica Sportiva", con una frase che lascia di stucco tutti quanti: "Siamo in guerra, le case sono distrutte". Il presidente della Lega Pro era visibilmente commosso proseguendo nel dire in maniera diretta: "Forse qualcuno non ha capito che tutto è cambiato. Durante la conferenza tramite video con tutti i presidenti di venerdì scorso è venuta fuori una assemblea drammatica. Voglio dire: il presidente della Pergolettese, Fogliazza, ha perso il nipote di 37 anni e il medico sociale. Poi il presidente della Feralpisalò, Pasini, si trova nel bresciano dove ci sono stati tanti decessi. Ci siamo quasi tutti messi a piangere. Perciò, come posso parlare con loro per riaprire il calcio? Questa cosa mi ha cambiato come uomo, pure nel carattere". Con un nodo alla gola ha continuato a parlare in modo crudo: "Ci sono stati dei presidenti che mi hanno chiesto di restituire le fideiussioni. Imprenditori che pensano di salvare la loro azienda, il calcio viene dopo. Qua ci sono diverse società che rischiano di scomparire. Questa situazione ha lasciato dei crateri a terra. Manca la liquidità, servono interventi oggi dallo stato (anche se capisco che non ha i soldi), altrimenti si rischia di esserci una falcidia totale. Perciò qua non è tanto il problema se si concluderà la stagione, qua il rischio concreto è che non si sa come si ripartirà dalla stagione 2020/2021 perchè i danni sono seri. Abbiamo un danno di 20milioni di euro, ma credo che sarà almeno quadruplicato. Sotto di noi c'è il mondo della serie D che rischia di saltare". La situazione è piuttosto difficile. Non solo a livello economico per la serie C. Anche a livello pratico è praticamente quasi impossibile tornare a giocare con le regole di prima. Infatti Ghirelli ha aggiunto: "In uno stadio c'è gente che esulta, mi abbraccia per un gol e come si fa con la mascherina? Nessuno parla questo linguaggio, ma il più grande gioco popolare farà la fine del Colosseo". Pure il presidente degli Arbitri Italiani (Aia), Marcello Nicchi, intervenuto alla stessa trasmissione, fa capire che il calcio non sarà più lo stesso: "E allora gli arbitri? Nessuno ne parla? Quando andavano sui campi a porte chiuse mi imploravano con le lacrime che avevano paura e che avevano famiglia. Non manderò più gli arbitri allo sbaraglio. Tutti i campi e gli spogliatoi devono essere sanificati. Servono garanzie concrete. Potrebbe fermarsi anche la Var, in quanto si lavora in una cabina con persone che non rispettano le distanze di sicurezza. Se dovessimo partire domani, noi non ci saremo. Bisogna cominciare a ragionare sulle cose". Come dire, cambiano tutte le carte in gioco. Le scelte sbagliate a livello ideologico (dalla globalizzazione agli afflussi senza controllo, il non chiudere le frontiere subito), ha messo in pericolo non solo la sicurezza nazionale a livello sanitario ma pure l'economia, la democrazia e lo svago. Ora, qualcuno lo spieghi.

05 APRILE 2020
L'editoriale. Un tempo sospeso, tra la vita e il pallone. Ci siamo svegliati in un altro mondo...

Dobbiamo essere pronti a liberarci della vita che abbiamo programmato per poter avere la vita che ci aspetta. Una lunga frase che racchiude tante cose. Una frase pronunciata da Joseph Campbell, un saggista e uno storico delle religioni statunitense. Un viaggiatore instancabile e curioso, appassionato delle infinite pagine della storia del mondo. Famoso come scrittore che ha vissuto dal 1904 al 1987. E non c'è ombra di dubbio che la citazione di Campbell calza a pennello nel momento attuale. Perchè questo scenario, del tutto inatteso, ha cambiato in un attimo tutte le nostre vite. E in molti si stanno già chiedendo come sarà la vita dopo il Coronavirus. Spiazzante la velocità con cui è cambiato tutto, la nostra vita quotidiana. Probabilmente sarà necessario evolversi, abbandonare i dogmi e adeguarsi a questa nuova realtà. Forse ci sarà la necessità di adattare le nostre democrazie e quindi di conseguenza dovremo adattare tutti i nostri comportamenti verso un distanziamento sociale, così che tutto ciò che esisteva prima potrebbe diventare un vano ricordo. Probabilmente quando torneremo alla normalità lo faremo con regole del tutto nuove. Cambierà il modo in cui faremo la spesa, andremo al ristorante e ci saluteremo. Tante sono le preoccupazioni per chi è costretto a stare in un isolamento forzato che reprime in maniera perenne ogni qualsiasi libertà personale. Siamo in pratica in una via di mezzo tra la sorveglianza totalitaria e la responsabilizzazione dei cittadini. C'è la preoccupazione per le ripercussioni economiche che colpiranno duramente l'Italia coinvolta nelle misure di contenimento. Ma vengono a galla altre perplessità che riguardano il modo con cui potremo vivere fuori dalle mura domestiche e la stessa socialità. Viviamo un tempo sospeso, una esistenza in bilico, nessuno se lo poteva immaginare che avremmo dovuto vivere nell'immediato questo periodo difficile. Probabilmente l'Italia sta pagando a caro prezzo la sua iniziale impreparazione. La logica conseguenza di decisioni poco lungimiranti. Solo quando i buoi sono usciti dalla stalla, si è poi arrivati all'attuazione di misure restrittive e ferree. Adesso tutti quanti si dovranno adattare. La realtà che ci troviamo ad affrontare sembra fantascienza. Gli unici eroi si trovano negli ospedali italiani dove cercano di salvare il salvabile, o tutti coloro che sono in prima linea pronti ad affrontare questa emergenza straordinaria, non certo coloro che negli ultimi dieci anni hanno tagliato svariati miliardi di euro alla sanità pubblica mettendo a serio rischio la sicurezza nazionale. É stato calpestato un intero popolo, senza una guida che abbia avuto un'etica comune rispettosa dei diritti umani. Ci siamo addormentati in un mondo e ci siamo svegliati in un altro. Abbracci e baci diventano in maniera improvvisa armi, non visitare genitori ed amici diventa un atto d'amore. Improvvisamente ti rendi conto che il potere, la bellezza e il denaro non hanno valore e non riescono a prenderti l'ossigeno per cui stiamo combattendo. Tutti abbiamo scoperto nuovi vocaboli ormai sopiti come "pandemia", "quarantena" o la parola inglese "lockdown" (confinamento). Ma simili pandemie si sono verificate periodicamente nella storia, però la condizione globalizzata nel mondo moderno rende questo evento unico nel suo essere. Coloro che hanno sostenuto le frontiere aperte e il commercio sfrenato hanno portato solo recessione. Questo virus e certe forzature sono il fallimento della globalizzazione. Così devono tornare centrali nell'ambito politico la Nazione e lo Stato Italiano, certamente non più le entità sovranazionali. L'uomo deve tornare ai valori fondanti, pensando alla patria e alla comunità nazionale, valori inesistenti nel globalismo e in questa Europa. Una realtà dai risvolti nuovi che ci costringe ad una riflessione attenta sullo stato delle cose. Forse non sarà più lo stesso neppure nel mondo del calcio, è il giorno zero. Tutto diventerà più sterile, più asettico. Anche le partite dovremo vederle a distanza di sicurezza? Ahinoi, solo a pensarci vengono i brividi.

02 APRILE 2020
Notari: "Senza condizioni giuste, meglio finirla qui. Si lotta con due memici in questa guerra"

Una fase convulsa dove il calcio passa in secondo piano. Tuttavia dovranno essere sciolti diversi nodi spinosi. C'è chi parla di assegnare la classifica come è, chi vuole proseguire, chi vuole ridurre tutti gli stipendi dei tesserati. Allora sentiamo il punto di vista del presidente Sauro Notari. Il patron lo abbiamo chiamato telefonicamente e ci ha detto quanto segue: "Ci sarà una riunione con la Lega, ma già ho visto che ci sono idee discordanti. Se ne dicono tante, per ora sono solo ipotesi campate in aria. Il parere dei presidenti è diverso l'uno dall'altro, c'è chi la pensa mela e c'è chi la pensa pera: abbiamo una chat tra tanti presidenti, la maggioranza vuole finire il campionato e la maggioranza vorrebbe non pagare più, c'è chi vuole smettere, c'è chi vuole mettere la cassa integrazione. Insomma la situazione adesso è buia. Qua servono aiuti sia a livello ministeriale e sia a livello di Lega. Speriamo che arrivi qualche segnale. Per me questa è una guerra che si sta lottando con due nemici". Cioè? "Uno visibile e uno invisibile. Invisibile è quello sanitario perchè il virus dilaga, non lo vediamo, non si sa quando tutto questo finirà. Quello visibile è invece il discorso della crisi economica che tutta questa vicenda si porterà dietro, penso sarà inevitabile". Ah, ecco, prosegua? "Dicevo che se ne dicono davvero tante. Prima Gravina e poi la Capotondi paventano di incominciare a maggio. E rispondo: ancora muoiono tante persone al giorno, ma dico io come si fa a programmare qualcosa? Noi che dobbiamo andare a fare le trasferte a Carpi, Modena o Padova, per dirne alcune, con quale spirito possiamo andarci? Non siamo disposti a mandare la gente al macello. Prima viene la salute di tutti, dei tesserati. Oltretutto partire dopo due mesi di fermo mi sembra tutto assurdo". Ma la sua idea quale è? "Se tutta questa situazione di emergenza sanitaria non si affievolisce e non si arriva ad una situazione di stabilità con certe condizioni sicure, per me il campionato deve essere considerato un campionato finito già qui. Penso inoltre che bisogna già a pensare a lavorare per la stagione prossima". Con una ipotesi del genere, se fattibile, come assegnerebbe i titoli? "Si potrebbe fare una serie B a 22 squadre. Anche se ultimamente è venuto fuori che si vuole una serie C d'elite con 20 squadre e sotto le altre squadre collocate in una specie di serie C2. Questa, a mio avviso, non è una cosa così semplice. Ci vuole del tempo per fare questo e ci potrebbe stare, ma non da subito dalla prossima stagione. Lo statuto infatti dice che si può cambiare solo entro il 31 dicembre dell'anno antecedente. Perciò può essere fattibile solo dal 2021. Oltretutto, quali sarebbero i parametri per rientrare in un torneo di elite? Provate un po' a fare ragionare 60 teste tra i presidenti. Infatti l'avvocato Grassani si è già pronunciato: ci sono tanti aspetti da rispettare e si rischia di fare una infinità di ricorsi. Già c'è tanta lungaggine, figuriamoci poi cosa potrebbe succedere. Immagino già che casino potrebbe scoppiare. Perciò vanno fatte tutte le cose con il cervello e non sottovalutare nessun aspetto". Ma Notari spiega che ha in mente alcune cose da fare, ecco la principale: "Appena è possibile, se è fattibile, vorrei mandare i calciatori a casa dalle famiglie. Ci sto lavorando perchè è inutile che li tengo a Gubbio quando invece possono stare vicino alle loro famiglie. Questo lo dico indipendentemente da quello che si deciderà".

01 APRILE 2020
Filippini: "Erano diverse le aspettative all'inizio. Ora parlare di calcio è irrispettoso, c'è paura"

Di solito il 1 aprile ci divertivamo a fare degli scherzi in questo spazio. Non è il momento per il pesce d'aprile in questa fase delicata che non ha precedenti dal dopo guerra. Perciò riportiamo cosa dice il terzino Lorenzo Filippini tramite una video chiamata nei social ufficiali: "Mi alzo la mattina con calma, sono in compagnia della mia compagna Giuliana e con il mio cane che è un labrador. Tutto con calma fino a pranzo. Da buon romano il mio piatto preferito è una bella carbonara. Poi un riposino e poi si va con l'allenamento. Variamo una serie di esercizi, ma ci manca un po' la corsa: in casa è difficile farlo. Poi la playstation che è il mio hobby preferito e dopo cena si guarda un film". Ma Filippini racconta un aneddoto quando aveva firmato con il Bari nel 2014: "Appena firmato il contratto, mi recai nella via principale di Bari e ci fermarono i Carabinieri: avevo preso la patente da poco, appena diciottenne, ma il carabiniere mi riconobbe subito dicendomi: «ma tu sei il nuovo acquisto del Bari?». Ed io risposi di si. E allora lui mi disse: «vai tranquillo, goditi la città e fai una buona cena». Mi dite se un calciatore è privilegiato? In certe piazze così calde, figurati". Ma parlando di calcio ricorda quando fu allenato da Simone Inzaghi ai tempi delle giovanili della Lazio: "Sì, l'ho avuto negli Allievi e Primavera: un rapporto sempre schietto, essendo un ex calciatore era riuscito ad istaurare un bel rapporto con tutti i ragazzi ed ora sta dimostrando tutte le sue qualità in prima squadra. Ma è stato importante anche Bollini con il quale abbiamo vinto uno scudetto Primavera". Poi in B? "Tra tutte mi trovai molto bene a Bari dove ci fu proprio il mio esordio in cadetteria. C'erano ex rossoblù come Galano, Donnarumma e Benedetti. Tre ragazzi straordinari. Galano poi è di qualità altissima ma anche simpatico, una grande persona. A Vercelli incontrai invece l'eugubino Ettore Marchi: un vero leader nello spogliatoio, grandi qualità da calciatore ma sempre con il sorriso e scherzava con tutti. Mentre in campo era serio e sempre pronto a riprenderci per mantenere la massima concentrazione. Un vero punto di riferimento". E pensare che Filippini è stato in B con la Virtus Entella compagno di squadra di Nicolò Zaniolo, ora nella Roma: "Già si vedeva che aveva qualità superiori alla norma, una vera potenza fisica: tecnica, grande tiro da fuori area e con tanta voglia di arrivare. Già era molto forte". Ed ora a Gubbio? "Le aspettative ad inizio di campionato erano altre. All'inizio sono successe un po' di cose che ci hanno messo in difficoltà. Però poi con l'arrivo del mister (Torrente ndr) e soprattutto dal girone di ritorno abbiamo cambiato marcia. Io personalmente ho cominciato a fare bene, cose che non mi riuscivano fare prima". Glissa quando si parla quando si riprenderà: "Parlare di calcio è irrispettoso, con tanti deceduti. Noi siamo preoccupati con le nostre famiglie lontano da casa. Adesso conta la salute e che finisca tutto presto".

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